Il pronto soccorso: lezioni di antropologia

In un bel pomeriggio di agosto, con il sole che splende alto in un cielo blu, sono al pronto soccorso del CTO, per un’infortunio al dito del piede: ieri ho ben pensato di schiantarlo allegramente verso il bordo del divano di casa…ok lo ammetto non proprio allegramente , più che altro presa dalla fretta di dover andare ad aprire la porta, infradito ai piedi , ho preso male le distanze della curva e lì dove doveva esserci il nulla c’era in realtà la base in metallo del divano. 1715
Comunque rimanere in attesa in un pronto soccorso ortopedico e’ quasi una scuola di vita, per non dire un percorso antropologico. L’umanità è rappresentata in tutte le sue sfaccettature, così variopinta.
C’è l’uomo sulla sedia a rotelle, accompagnato dalla sua collega (santa donna) che non sta in silenzio due secondi, una chiacchiera continua di quello che deve essere il suo argomento preferito: il Santo Graal, in tutte le sue varianti complottistiche. Di fantasia direi che ne ha molta e la collega lo segue interessata facendo cenno di sì con la testa, di tanto in tanto, mentre legge il giornale.

La signora quasi ottantenne (e non glieli daresti mai) di una simpatia e loquacità disarmanti,  tiene banco raccontando della sua famiglia, dei suoi figli e bis nipoti . Una madre con i figli adolescenti  coglie l’occasione per instaurare una nuova intimità iniziando discorsi sull’amore, i rapporti interpersonali e le amicizie. Ci sono i nonni sfiniti ed anziani insieme ad una nipotina vivace che vaga per l’ospedale raccimolando gelati, caramelle e patatine. Che poi a veder bene le cose , in ogni momento della vita, quello che conta è la famiglia.
Ed infine ci sono  i silenziosi, che si chiudono in loro stessi talmente bene che non si accorgono neanche di essere stati chiamati dall’infermiera.
Intanto la sala di attesa del pronto soccorso si anima come la piazza di un piccolo paese ed io sono in attesa del mio turno con un unico pensiero :”speriamo siano bravi “. Il responso alla prossima puntata.

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