“Ormai” e’ una bestemmia.

La parola “ormai” e’ una bestemmia. Lo disse un vescovo durante un’omelia a cui partecipai diversi anni fa, ma sinceramente non ricordo il nome del vescovo.

Quest’affermazione mi colpi’ profondamente, tanto che la ricordo ancora.

Secondo il vocabolario Treccani ” ormai” significa: ” la rassegnazione a una realtà che non può più mutare o la constatazione della sua ineluttabilità”.

Ed e’ a questo significato che il vescovo si riferiva, nella vita del credente la parola “ormai” non dovrebbe esistere, la si potrebbe intendere come una bestemmia.

Forse un po’ forte come associazione, ma sveglia da una specie di torpore,  da un farci passare le cose addosso, la vita stessa, senza dargli valore, da un senso di ineluttabilita’ e fine.

Oggi, durante la lettura vangelo della domenica delle Palme, a messa nella mia parrocchia,  mi e’ ritornata in mente l’omelia del vescovo.

La passione di Gesu’ e la sua morte possono essere intesi come un “ormai”, il tradimento di Pietro e’ un “ormai”, la condanna e morte del buon ladrone e’ un “ormai”.

Ormai non c’e piu’ niente da fare per nessuno di loro.

Gesu’ ha dato la sua vita sulla croce, ha esalato l’ultimo respiro ed e’ morto. Fine.

Pietro che Lo ha seguito durante gli ultimi tre anni della sua vita, che Lo ha visto fare miracoli e che durante l’ultima cena gli promette fedelta’ perenne a costo della sua  stessa  vita, lo tradisce e non una , ma tre volte. Ha fallito. Fine.

La crocefissione era il massimo della pena: si dava agli assassini e ai criminali politici, cioe’ a quelli che complottavano contro i romani, quindi quello che i vangeli riportano come il “buon ladrone” non aveva niente  a che vedere con un semplice ladruncolo, era o un omicida oppure  uno zelota, quindi un terrorista; era stato condannato perche’ l’aveva proprio fatta grossa, con una mentalita’ che vige ancora oggi in molti stati , se l’era meritata la condanna a morte. Ormai per lui non c’era piu’ niente da fare. Aveva sbagliato ed era perduto per sempre. Fine.

Ed invece la realta’ in mano a Dio puo’ mutare, l’ormai inteso come fine, come qualcosa di ineluttabile e che non puo’ cambiare non esiste.

Dopo tre giorni dalla sua morte, assistiamo alla resurrezione di Gesu’, la morte,  e’ stata vinta ! E con lei sono stati vinti anche il peccato e la condanna.

Pietro, che lo ha rinnegato tre volte, si converte e se non bastasse diventa  la pietra sulla quale viene edificata la Chiesa.

Il “buon ladrone” , forse e’ il mistero piu’ grande per me, grande peccatore, che ne ha combinate di grosse e probabilmente ha fatto soffrire molti, che non chiede direttamente perdono sulla croce , ma riconosce  la sua colpa, con una parola di Gesu’, si ritrova in paradiso, in un’istante da grande peccatore diventa santo.

La parola “ormai” e’ vinta dall’infinita misericordia di Dio, da quell’amore che ha per ciascuno di noi, nessuno escluso, che ci corteggia sino al nostro ultimo giorno di vita, dal suo “Per – dono”.

Non piu’ “Ormai”, ma “Per dono”.

 

Non posso far altro che pensare al mistero grandioso ed imperscutabile dell’infinita Misericordia di Dio per ciascuno di noi, che abbatte e trasforma ogni “ormai”, per Suo dono.

(Pensieri ad alta voce di una in cammino).

 

Io e Dio – Piero Infante

“Ve vojo riccontà ‘na storia strana.

Che m’è successa propio l’artra settimana.

Camminavo pe’ r vialone davanti alla chiesa der paese

Quanno ‘na strana voja d’entrà me prese.



Sia chiaro non so mai stato un cristiano praticante

Se c’era un matrimonio, se vedevamo al ristorante

Ma me so sentito come se quarcuno,

Me dicesse: “dai entra, nu’ c’è nessuno”.

Un misto de voja e paura m’aveva preso

Ma ‘na vorta dentro, restai sorpreso

La chiesa era vota, nun c’era nessuno

La voce che ho sentito era la mia, no de quarcuno.

C’erano quattro panche e un vecchio crocifisso de nostro

Signore“Guarda te se a chiamamme è stato er Creatore

”Me gonfiai er petto e da sbruffone gridai: “So passato pè un saluto”

Quanno na voce me rispose: ”Mo sei entrato, nu fa lo scemo mettete seduto!”

Pensai: mo me giro e vado via,

Quanno quarcuno me rispose:“Nu te ne ‘nnà. Resta … famme compagnia”.

“Famo n’altra vorta, poi mi moje chi la sente: è tardi sarà già tutto apparecchiato”.

“Avvicinate nu fa lo scemo, ‘o so che nu sei sposato.

Me sentivo troppo strano, io che nun avevo mai pregato

Me sentivo pregà dar Signore der creato

“Signore dateme na prova, devo da crede

Che sete veramente Iddio che tutto vede”.

“Voi na prova? Questo nu te basta? Te sei mi fijo

E io sto qua inchiodato pe er bene che te vojo!”

“Me viè da piagne, me sento de scusamme.

Signore ve prego perdonate le mie mancanze

A sapello che c’eravate pe davero

Venivo più spesso, ve accennevo quarche cero”.

“Ahahahahhaha ma te pensi che io sto solo qua dentro?

Io so sempre stato co te, nella gioia e nel tormento.

Te ricordi quanno eri piccolino,

pe te ero Gesù bambino.

Prima de coricatte la sera

Me dedicavi sempre na preghiera

Era semplice quella che po’ fa er core de un bambino,

Me facevi piagne e con le mie lacrime te bagnavo er cuscino

Poi anni de silenzio… te s’è indurito er core

Proprio verso de me, che t’ho fatto co tanto amore.

Te gridavo fijo mio sto qua,

Arza l’occhi guarda tuo papà!

Ma te niente… guardavi pe tera

E te ostinavi a famme la guera.

Poi quanno tu padre stava male

E te già pensavi ar funerale

Sul letto de morte… nelle ultime ore

T’è scappata na preghiera… “Te affido ar core der Creatore”.

Ecco perché t’ho chiamato,

Pe ditte quanto me sei mancato.

Ho cominciato a piagne dalla gioia e dar dolore…

Ho scoperto de esse amato dar Signore…

Questa è na storiella che nun ’ha niente da insegnà,

Solo che in cielo c’è un Dio che piagne se lo chiami papà!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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